mercoledì 8 giugno 2016

I Balcani visti da me - parte 5

Venerdì 29 aprile

La mattina ci svegliamo molto presto; abbiamo poco tempo da passare a Dubrovnik e, visto che l’ultimo bus per Kotor è alle 15, vogliamo sfruttare la mattina per visitare per bene il centro storico.

Purtroppo il tempo ci è avverso e quando usciamo per strada il grigio domina nel cielo e scende una leggera ma costante pioggia.
E’ veramente un peccato perché con questo tempo la città non rende come potrebbe.
Le strade in marmo, le mura bianche, la torre dell’orologio, la cattedrale e il monastero non splendono e riflettono al sole ma nonostante questo riusciamo a percepirne la loro bellezza.

Dopo colazione passeggiamo un po’ a caso, ogni angolo è diverso dal precedente e troviamo molto belle le sue stradine (in particolare quelle strettissime a scale che si inerpicano verso la collina di fronte al mare).
Dove una volta c’erano marinai, commercianti appena arrivati dalle Indie, Veneziani pronti a contrattare e a fare affari ora ci sono flotte di turisti.. in gran parte grupponi scesi da qualche nave da crociera o comitive di asiatici in vacanza che più che ai monumenti sono interessati ai negozi che vendono magliette e souvenir della serie tv “Il trono di Spade”
Effettivamente fare lo Stradun che porta da un ingresso all’altro diventa abbastanza complicato e così per sfuggire dalla folla decidiamo di salire sulle mura e fare il giro completo.

Per fortuna a metà mattinata il tempo migliora, esce anche il sole e finalmente dall’alto delle mura possiamo goderci in pieno la bellezza della città.
Ci rendiamo conto di quanto piccolo sia il centro storico (del resto lo via principale sarà lunga neanche 500 mt), ma forse la sua fortuna è questa.. è tutto vicino, raccolto, con le case che quasi si sovrappongono l’una all’altra.
Poi i tetti rossi, in contrasto con il bianco del marmo delle strade e delle mura, e la vista delle isole verdi e incontaminate che spuntano nel Mar Adriatico.

Una volta scesi..

Il tempo corre veloce ed arriva quasi il momento di lasciare Dubrovnik e la Croazia; non prima di pranzare con un fritto misto spettacolare accompagnato da una Karlovacko nella baia del porto baciati dal sole.


Le due ore di viaggio, le passiamo guardando fuori dal finestrino, rilassandoci dopo tanto correre e riflettendo che abbiamo speso più in 1 giorno a Dubrovnik che 3 in Bosnia..
Superiamo velocemente il confine, attraversiamo Budva, la mecca della nightlife Montenegrina ed in silenzio assaporiamo il bellissimo paesaggio che si propone a noi tra Budva e Kotor e la sua baia.
L’insenatura naturale sembra quasi creare un lago, le acque sono calmissime e le vette delle montagne creano un ambiente che ti aspetti in Norvegia o in Scozia, ma non qui; dall’acqua spunta quello che sembra il tetto di una chiesa e poi finalmente siamo a Kotor o Cattaro, come si preferisce chiamarla.

Prendiamo posto nel nostro appartamento e si torna a sentire l’influenza del cirillico nella lingua ed anche la fisionomia delle persone cambia.. è più vicina all’Albanese che al Serbo o Bosniaco.
Kotor è un’altra chicca che non conoscevo, il centro storico è simile a quello di Dubrovink, con le stradine strette, le mura veneziane di protezione, le case fatte a sassi, il piccolo porto con moderni yacht; guardiamo in cima alla montagna e vediamo la fortezza che domina la città.. domani mattina andremo fino in cima.

Ma è venerdì sera e speriamo che ci sia un po’ di movimento anche se non siamo ancora in stagione turistica.. ceniamo in una locanda che serve vini e prodotti locali come prosciutto, formaggio e verdure mentre guardiamo lo struscio serale.
Notiamo che le ragazze escono molto più in tiro che in altri posti.. tacchi alti, trucco, un abbigliamento vistoso.. tutto il contrario dei ragazzi che vestono molto easy e senza troppi fronzoli; chiediamo info per la serata e scopriamo che la disco più famosa è bruciata il mese scorso e quindi veniamo indirizzati in altri posti.
Il primo è un pub con partita di calcio alla tv, bancone e tavolini che lentamente si riempono.. Seguendo l’istinto finiamo al Cesare, locale che fino a due prima era un tranquillo bar con tavolini all’aperto mentre alla sera diventa un carnaio con un cantante di musica folk-balcanica che aizza la folla che canta insieme a lui.
Anche qui vige la maledetta regola del tavolino, tutto il locale è pieno di questi tavolini dove ci mette intorno in piedi per ballare e bere in compagnia.. la serata procede bene e ci dispiace quando il locale deve chiudere verso l’1.
Non sapendo dove andare chiediamo ad un paio di gruppi e la risposta è sempre la stessa.. Jetstar… così finiamo in questo locale che è un Cesare fatto un po’ più a discoteca..
Rientriamo in appartamento alle 3 passate… ma che sorpresa questa Kotor!


Sabato 30 aprile

La serata e la stanchezza accumulata in questi primi giorni di viaggio ci fanno svegliare abbastanza lentamente e senza fretta.
Usciamo dal nostro appartamento e la giornata è splendida; sole, zero nuvole ed il clima non troppo caldo ci fanno apprezzare ancora di più Kotor.

Dopo la colazione seduti al bar nella piazzetta principale giriamo per il paesino perdendoci nelle sue strette viuzze tra i tavolini all’aperto dei bar, qualche negozio e le belle chiese che dominano le piazze.

Finalmente è arrivato il momento di salire in cima alla fortezza; alla fine la passeggiata sarà meno impegnativa di quel che pensavo anche perché il panorama che si offre a noi man mano che saliamo è veramente spettacolare.
In cima alla fortezza la vista è ampia e si vede tutto il fiordo e le montagne che lo circondano e le foto abbondano.

Tornati in città usciamo dalle mura veneziane, ci sediamo sulla simpatica panchina gigante appena fuori dall’ingresso, passeggiamo per il mercato alimentare (con formaggio fresco, olive, verdura, pesce) e decidiamo di dedicarci un pranzo nel miglior ristorante di Kotor.

Il posto è effettivamente elegante, con cameriere sicuramente vestito meglio di noi e tavoli sulla terrazza di fronte al mare con vista sulla città; mangiamo veramente bene.. polp, zuppa di mare, san pietro con polenta e tartufo.. spendendo il giusto per il posto.

Nel pomeriggio arriva il momento di fare l’ultimo nostro spostamento.. dobbiamo arrivare a Podgorica, la vecchia Titograd.
Più che per nostra scelta, la decisione di andare a Podgorica è dettata dal fatto che l’aeroporto più vicino si trova qui, nella capitale del Montenegro, nella vecchia Titograd.
Il percorso in bus è rapido.. nel primo tratto si costeggia il mare, con la sua costa frastagliata ed il tanto verde intorno e l’unico dispiacere è il vedere che praticamente in ogni spiaggia c’è uno scheletro di un nuovo albergone in costruzione che va a rovinare il lato selvaggio del luogo.
Mentre, entrando nell’entroterra, attraversiamo il bel Lago di Scutari che mi ricorda un po’ casa.

Podgorica è esattamente come deve essere una città di questo genere.. non bella, anzi..
Sembra caduta dallo spazio nel vuoto; intorno alla città c’è il nulla e poi di colpo ti trovi queste costruzioni che diventano sempre più moderne man che si entra verso il centro.
Proprio il centro città è misto di stili.. dalla piazza centrale in pieno stile sovietico, al Millennium bridge che assomiglia ad uno dei tanti ponti di Calatrava, ai tanti cantieri aperti con nuovi alberghi in costruzione (stanno facendo anche l’Hilton) ed ai centri commerciali in stile Europeo con brand di lusso.
Ecco l’impressione che abbiamo avuto è quella di una città che cerca di essere occidentale ma più che altro per accontentare i ricchi del paese.

Ci piazziamo in un lussuoso appartamento al 7 piano di un nuovo condominio, il ragazzo di Airbnb è alla moda, ha viaggiato in Europa e possiede dei negozi sia in città che sulla costa.. si vede che è uno dei nuovi ricchi; ma tempo di sistemarci ed è già arrivata l’ora di uscire per il sabato sera.

Le vie del centro sono piene di gente, chi a passeggio, ragazzi che giocano in piazza e, un po’ a fatica, troviamo un ristorante dove cenare.
L’ultima cena sarà ricca.. mangiamo come non mai, prosciutto e formaggio locale e gran karađorđeva finale accompagnato da un paio di Niksicko.. l’ennesima marca di birra trovata nei balcani (che alla fine.. puoi chiamarla con tanti nomi diversi.. ma sempre di pivo si tratta).
Ed ecco la Podgorica che ci sorprende.. due strade sono piene di locali, in genere bar con tavolini rialzati all’aperto dove la “bella gente” si mette in mostra e passa la sua serata.
Qui sono tutti vestiti bene, eleganti ed in tiro, un po’ come se si fosse a Milano.. sia uomini che donne.
Quello che fa un po’ effetto è invece vedere quello che c’è intorno a questi locali; di fianco a gente con abiti Versace e Zegna e alle loro auto di lusso c’è una schiera di bambini che mendicano per una moneta o per qualcosa da mangiare.. vedere questi due mondi così diversi ma così vicini fa abbastanza effetto.

La nostra serata comunque procede prima in un disco pub e poi in un altro locale molto bello con dj all’ingresso e gente che balla e si diverte.
Quando poi veniamo rimbalzati all’ingresso di una disco solo perché siamo stranieri ripieghiamo in un altro locale con il classico cantante folk-balcanico e tutta la gente che canta a squarciagola… ma a noi più che essere andati a ballare ci sembra quasi di essere ad un matrimonio gitano!

Domenica 1 maggio

E’ l’ultimo giorno di viaggio, quello che generalmente è sempre il più lungo e più triste e di certo la città non ha aiutato a cambiare questa sensazione.

Il volo di rientro è alle 5 del pomeriggio, così ci svegliamo tardi, facciamo i bagagli, cazzeggiamo un po’ su internet ed usciamo verso le 11 alla ricerca di qualcosa da fare.
Piove e la città è deserta… per le vie del centro non c’è praticamente nessuno e tutti i negozi sono chiusi.
Convinco D. (che mi odierà per almeno un ora) a seguirmi sotto la pioggia per un breve tour della città, passiamo per lo stadio, attraversiamo il ponte moderno e arriviamo alla nuova Cattedrale della Resurrezione.

L’unica forma di vita che incontriamo è un cane randagio che ci segue ovunque andiamo fino a quando non entriamo a mangiare in un ristorante (molto ben frequentato) di fronte all’Hard Rock Cafè Podgorica.

Le ultime ore sono un misto di malinconia e riflessione su quello che abbiamo visto e soprattutto incontrato nel nostro cammino.
Un viaggio veramente “On the road” che oltre all’interno dei Balcani è entrato anche e soprattutto dentro di noi.

giovedì 2 giugno 2016

I Balcani visti da me - parte 4

Mercoledì 27 aprile

Altra giornata di trasferimento, ma questa volta sono solo due ore ed il viaggio sul bus locale ci porterà nella vicina Mostar.
Abbiamo deciso di fermarci qui anche per la notte per poter dedicare un pò più di tempo a questa cittadina così piccola ma purtroppo così famosa.
A ripensarci.. è stata una delle decisioni migliori prese durante questo viaggio, che ci ha consentito di evitare di fare come la maggior parte dei turisti che si limitano ad arrivare qui in autobus, fare qualche foto al ponte ricostruito e dopo un paio d’ore ritornare nei luoghi di partenza senza aver compreso in pieno l’importanza della città per il popolo Bosniaco.

Lasciamo Sarajevo facendo la classica colazione in stile orientale, baklawa e cappuccino, pensando che la città con le sue viuzze, i suoi bazar, le sue moschee è sicuramente più simile a Istanbul che a Vienna.
Durante i viaggi che faccio ho sempre l’impressione, quando mi allontano da un posto, di lasciare una parte di me e contestualmente di ricevere qualcosa dalle persone incrociate ed incontrate; e la stessa cosa la provavo nel momento in cui salivamo sull’autobus.
Sarajevo in particolare ci ha trasmesso quella forza e la consapevolezza che non si deve mai mollare, cercando di vivere anche nei momenti peggiori.

Le due ore e mezza le abbiamo passate in silenzio, poche parole tra me e D., penso che entrambi dovevamo rielaborare tutto quello fatto finora, riordinare i pensieri nella nostra testa, incamerare nella nostra memoria questi primi giorni di viaggio.
Poi dal finestrino guardiamo la campagna bosniaca, i campi verdi bagnati dalla pioggia, fiumi, dighe, paesini, ponti e venditori di miele fermi a bordo strada.
Notiamo che stiamo andando verso un altro confine perché cambia la birra in vendita nei chioschi.. dalla Jelen si passa alla karlovaçko, la marca croata.

A Mostar ci sistemiamo in una pensione gestita da una simpatica e premurosa coppia, scopriremo più tardi che il padrone di casa era quello che aveva ripreso con la sua videocamera il bombardamento del ponte da parte dei croati.
L’accoglienza è con limonata e lokum… non abbiamo ancora abbandonato l’Oriente.

Quando stiamo per avvicinarci al ponte, facendoci strada tra negozi di souvenir e grupponi in visita, ci ferma un signore parlandoci in italiano.
Ci chiede come mai due giovani italiani siano lì a Mostar e sentendo il nostro viaggio e le sue ragioni inizia a raccontarci un po’ la sua storia.
Si chiama Mustafà, ma per tutti è Mosti.. purtroppo è una di quelle persone che ha vissuto in pieno quei anni e che ha visto la città cambiare più volte; ha anche combattuto ed è finito in Italia con la sua famiglia perché è stato ferito durante la guerra.
Ora è tornato, lasciando i figli a Brescia alla loro vita in Italia, mentre lui ha preferito tornare nella Sua città, anche se non è più la stessa.
I suoi racconti non sono lineari, non sono studiati a tavolino per un pubblico, vanno a getto, a ricordi, ad emozioni.. un po’ come i racconti che mi faceva mia nonna, di come era dura la vita nel post guerra mondiale, ect.

Ci spiega come era la città prima della guerra, con matrimoni misti, le vie della città piene di gente, pulita, felice, attiva, anche alla sera dove la zona del ponte era vissuta da loro, dai Mostarini.. perché l’unica distinzione che c’era era quella.. tra essere Mostarini o no, tra gli abitanti della città e quelli delle montagne.
Di come la Jugoslavia, con tutti i suoi difetti, fosse comunque una delle nazioni in cui si viveva meglio.

Camminando per le vie del centro, tra la spiegazione di cosa fosse una volta un palazzo e la storia del famoso ponte, Mosti continua entrando nel periodo più buio, quello della guerra.
Secondo lui, secondo loro (i mussulmani bosniaci), era già tutto deciso sulla carta, dopo i primi anni di combattimenti, Serbia e Croazia si sono accordate per spartirsi la Bosnia e Mostar sarebbe finita ai Croati.
Infatti di colpo son passati da combattere i Serbi, a doversi difendersi da quelli che prima erano loro alleati.. di colpo erano i Croati a bombardarli.
Ricorda quel periodo con tristezza, apprezzando però lo spirito di collaborazione che era creato, dove ognuno faceva quel che poteva, come le vecchiette che di notte pulivano le strade dalle macerie per poter consentire il passaggio delle auto e dei camion il giorno seguente
Tra le cose che ci dice, ci colpisce la storia del suo primo combattimento, sulle montagne lì vicino, della paura provata e del timore nel momento di dover sparare per la prima volta; situazione opposta ad oggi, dove incrocia e saluta gente che con cui ha combattuto contro in battaglia
(Loro poche armi, croati tante, serbi armi dell’esercito jugoslavo)

Chiediamo la sua opinione sulla situazione attuale che, secondo lui, non è rosea.. perché la città è divisa in due, croati cattolici da una parte, mussulmani dall’altra; che il potere, per entrambe le fazioni, è in mano agli estremisti che con la loro mentalità da “montanari” non ragionano in ottica di città ma per provenienza e che quindi mantengono accesso quel fuoco di rivalità e di sospetto.
Poi il problema principale è il lavoro... l’altissima disoccupazione che porta ad doversi affiliare al potere per poter lavorare e riuscire a fare qualcosa.

Lo salutiamo dandogli una piccola mancia per queste due ore passate insieme; è stata una bella esperienza quella di poter ascoltare chi ha vissuto quei momenti e le sue opinioni ed esperienze.

Il resto della giornata lo passiamo girando da soli; il ponte è stato ricostruito veramente bene e l’utilità che aveva ai tempi dei commerci con i mercati dell’Asia è evidente, visto che consentiva alle carovane di tagliare a metà i Balcani accorciando di parecchio i tempi di percorrenza verso l’Occidente.

Invece il Bazar sulle strade ciotolate è un insieme di paccottiglia scadente
mentre al di fuori del circuito turistico i palazzi bombardati o crivellati di proiettili sono ancora veramente tanti che, tra l’altro, fanno specchio al nuovo Gymnasium ricostruito e portato a nuovo.

Mostar di sera non si può dire che sia una delle capitali della nightlife, ceniamo e poi giriamo per le stradine deserte e ciotolate del centro facendo un po’ di foto al ponte illuminato ed andiamo a riposare.. il prossimo trasferimento ci poterà per la prima volta sul mare.



Giovedì 28 aprile
Finalmente il mare

Senza rendercene conto siamo già al giovedì e lentamente la fine del nostro viaggio si avvicina.. più che dal tempo trascorso lo percepiamo quando arriviamo sul mare ed in generale in Croazia; vedere il mar Adriatico, pensare che a qualche km di distanza passavamo le serate da diciottenni a Riccione e soprattutto incontrare la flotta dei turisti delle crociere ci ha riavvicinato al “nostro” mondo.

Ma andiamo con ordine; la mattina ci svegliamo e siamo ancora a Mostar.. colazione al Bar Calà (ma di Jerry nessuna traccia), saluti alla famiglia che gestisce la pensione ed arriva l’ora di muoverci verso Sud.
Avevamo due opzioni per arrivare a Dubrovnik, prendere il bus di linea delle 7 di mattina od affidarci ad una guida che in auto ci porti fino lì facendo delle soste per strada
Anche se più cara, optiamo per la seconda soluzione ed alla fine siamo stati contenti dato che i posti visitati nella Bosnia meridionale sono stati interessanti.

L’autista/guida è un uomo di 40 anni circa, simpatico e parla pure l’Italiano.. come Mosti, anche lui ha passato 1 anno in Italia per curarsi dalle ferite subite in guerra ed anche lui ha voluto tornare qui, nella sua terra.
Poi durante la giornata entriamo un po’ più in confidenza e con il tempo ci racconta la sua storia e le sue opinioni su quello che è accaduto e su quello che sarà.
Ci spiega che, a suo modo di vedere, la guerra non è stata voluta dal popolo ma imposta dai politici e da autorità esterne.. dice chiaramente che quella non è stata la loro guerra ma una guerra degli altri combattuta sul loro territorio e che, in Europa, quella non è di certo stata la prima guerra e non sarà nemmeno l’ultima.
Anche nelle sue parole leggiamo quel rimpianto di quello che era prima, del convivere tutti insieme in pace e in tranquillità; cosa che ancora oggi non è possibile visto che le divisioni sono ancora forti.. basta pensare a città letteralmente divise in due e ben separate in base alla razza degli abitanti.
Basta pensare che anche le scuole, che magari condividono lo stesso edificio, hanno due programmi didattici e libri d’insegnamento differenti.
Ma bisogna andare avanti, sfruttare le poche risorse che si hanno, come il turismo o l’agricoltura che qui si sta sviluppando velocemente visto che la terra è ricca (dato che non è stata sfruttata per parecchi anni), l’acqua abbonda e si ottengono facilmente melograni, fragole, ciliegie, vino ed olio.

Prima tappa del nostro tour è Blagaj, città che è stata la prima capitale del regno bosniaco e che in passato era esempio di convivenza tra le diverse religioni, tanto che qui c’erano le 3 differenti chiese (moschea, ortodossa e cattolica).
Ora è la meta preferita dagli abitanti di Mostar durante il periodo estivo per potersi rinfrescare alla sorgente del fiume Buna….. effettivamente si sta veramente bene ed il bel monastero derviscio è collocato in una posizione invidiabile di fianco alla grotta.

Dal fresco di Blagaj passiamo all’afa di Pocitelj, un paese fatto tutto in pietra e sassi che domina la vallata del fiume Narenta.
Il villaggio è particolare, con il minareto della moschea recentemente ricostruita che si incastra bene con il paesaggio circostante; dall’alto della fortezza la vista è bellissima e si capisce l’importanza strategica che ha avuto nel corso degli anni.

Torniamo poi al fresco fermandoci alle cascate di Kravice (anche queste molto belle) e pranzando all’aperto, in una locanda, con trota grigliata e vino bianco locale.

Il resto del percorso lo affrontiamo nella repubblica Srpska, in un territorio meno verde, un po’ più roccioso ed aspro; solo nelle vallate vediamo campi di tabacco, paesini e tante chiese ortodosse costruite da poco che servono anche per segnare il territorio, segnalare che qui è Serbia.
Ed anche nell’ultima sosta, a Trebinje, questa cosa si sente e si percepisce.

Entriamo in Croazia, al confine i controlli per la nostra guida sono accurati mentre a noi manco ci guardano in faccia; del resto la Croazia ormai è Europa e notiamo anche che in generale tengono quell’atteggiamento di superiorità verso i loro vicini.
Scollinando vediamo il mare, purtroppo il tempo non è limpidissimo ed anche la vista sulla bellissima Dubrovnik è un po’ offuscata dalla nebbia e le foto non rendono bene.

Quando arriviamo a Ragusa (che a me piace chiamarla così.. perché del resto l’abbiamo costruita noi) è già abbastanza tardi, ci sistemiamo nel nostro appartamento in pieno centro, vicino alla Cattedrale, e usciamo giusto in tempo per fare un aperitivo prima di cena.
Camminiamo per le vie in marmo, guardiamo le mura della fortezza.. non è difficile percepire la bellezza di questa città; peccato che veniamo subito risvegliati quando ci scontriamo con la cattiva usanza di voler spennare il visitatore… uffici di cambio con spread assurdi, valute estere non accettate, birra piccola in un baretto fuori dalle mura a 4 euro.. Questa sensazione non ci impedirà di fare quello che volevamo ma di certo ci lascia un po’ l’amaro in bocca.

Ceniamo con un ottimo fritto misto ma la serata non decollerà mai… molti posti chiusi, l’unico discopub aperto frequentato da 16enni e i locali del centro pieni solo di americani (uomini) ubriachi.
Verso mezzanotte inizia a piovere e questo è il segnale di chiusura di questa giornata ricca ed intensa.. la nostra discesa verso Sud non è ancora completata.