venerdì 20 maggio 2016

I Balcani visti da me - parte 3

lunedì 25 aprile
Siamo nel 1984 o 2016?

Eccoci.. finalmente si parte per la visita di Sarajevo che è poi una delle principali ragioni che ci ha portato ad affrontare questo viaggio nei Balcani.

Il tempo non è clemente, i 25 gradi di Belgrado sono un lontano ricordo e quando scendiamo per strada l’aria gelida sbatte contro i nostri volti svegliandoci totalmente; nevischia e anche se per il momento non ha ancora attaccato del tutto per le strade l’impressione è che non smetterà a breve, anzi.

A piedi andiamo verso la zona mussulmana della città ed entriamo in una piccola caffetteria.. Baklava, Tulumba, Basbousa e altri dolci turchi sono in bella vista dietro la vetrata.. la nostra colazione sarà in stile orientale.

Alle 9 dobbiamo trovarci con Ervin, il ragazzo della Toorico tour che abbiamo contattato per farci da guida in questa prima giornata a Sarajevo; ci porterà nei dintorni della città, in quei luoghi difficilmente raggiungibili a piedi e poi ci piaceva l’idea di poterci confrontare con un ragazzo della nostra età, sentire la sua esperienza e capire come sta evolvendo la città in questi anni.
La prima meta della giornata è il famoso Tunnel, l’unico punto che collegava la città con il resto del territorio in mano ai bosniaci e gli consentiva di mantenere il presidio sul monte Igman; per arrivarci percorriamo il lungo Bulevar che porta all’aeroporto, intorno a noi si alternano scheletri di palazzi distrutti, condomini in stile sovietico segnati dai fori di proiettili e nuove moderne costruzioni con le pareti a vetri.

Il Tunnel è attaccato all’aeroporto, del resto passava sotto questa zona neutrale controllata dalle Nazioni Unite e, a vederlo da fuori, sembra una normale casa di campagna con mura in sassi che si mescola con le altre simili lì vicino.
Entriamo e mentre ascoltiamo la sua breve ed intesa storia vediamo con i nostri occhi la parte del Tunnel non crollata; sono pochi metri ma che ci consentono di renderci conto delle difficoltà che potevano avere le persone per passare e portare merce e cibo da una parte all’altra.
L’altezza, la possibilità di allagamento durante le piogge e soprattutto il rischio di venire colpiti da una granata una volta usciti sono solo alcuni degli ostacoli che trovavano le persone che riuscivano a passarci.
All’esterno poi vediamo la prima “Red Rose”, una delle tracce colorate di rosso che sono state lasciate in vari punti della città e che ricordano il luogo di un’esplosione che ha causato delle vittime innocenti.
Tra le altre sensazioni provate c’è quella che mi ha fatto sembrare Sarajevo simile ad una Berlino ante crollo del muro.. una città divisa in due, sotto stretto controllo.
Del tunnel veniamo a sapere che è stato costruito in 4 mesi, che non era di libero accesso (solo militari o persone autorizzate riuscivano ad entrare/uscire dalla città) e che i militari serbi ne erano a conoscenza anche se probabilmente non ne sapevano l’esatta locazione.
Nel museo proiettano anche video e foto di quel periodo.. dai cecchini che sparano a persone che corrono lungo il Bulevar che abbiamo appena percorso ai militari che entrano ed escono dal tunnel..
Rimango spiazzato… qui, così come nella galleria fotografica “Galerija 11/07/95” che visiteremo nel tardo pomeriggio, vedere le immagini e la documentazione video di quel periodo ti apre gli occhi, ti rendi conto di quanto era vicina la guerra sia come distanza ma soprattutto in fatto di tempo.
Di tutte le altre guerre si aveva una documentazione più che altro cartacea e/o fotografica.. ma qui, i video e le riprese audio ci portano dritti nei nostri anni.

Uscendo dal museo del Tunnel, incrociamo uno dei tanti autobus di turisti turchi.. Ervin ci dice che rappresentano almeno il 60/70% dei turisti che oggi arrivano a Sarajevo; del resto loro e l’Indonesia sono stati tra i principali finanziatori per la ricostruzione delle moschee andate distrutte durante la guerra.
Nel frattempo la neve ha continuato a scendere copiosa imbiancando tutti i campi intorno all’aeroporto e la strada che affronteremo per salire sul monte Igman, dove c’è quel che resta dell’impianto olimpico del trampolino di lancio.
La salita per la strada innevata non è stata agevole (anche perché la guida ci dice che ha giusto tolto le gomme da neve da un paio di giorni), ma nel frattempo Ervin ci parla un po’ della Bosnia di oggi.. ci racconta come alla fine sia ancora divisa in 3 parti, con 3 presidenti, 3 strutture legislative, 3 compagnie telefoniche, ect.. praticamente non è tornata ancora una vera unione e questo rallenta ogni processo di ammodernamento ed innovazione
D. ne approfitta per chiedere un parere personale sul presidente Izetbegović, figura abbastanza controversa del periodo post-bellico che si è mossa tra accordi non del tutto accettati e che di fatto ha creato la propria dinastia di potere dato che ora è il figlio a seguire le sue orme in politica.

Quando arriviamo al trampolino ci sembra di tornare nel 1984, alle Olimpiadi invernali.. le montagne sono tutte innevate e sembra che da un momento all’altro parta il primo atleta e la gara.
Siamo indecisi se scendere fino al podio o no visto che sarà un 20 minuti di discesa nella neve fresca; la guida prova a scoraggiarci, D. ha le scarpe adatte ed io solo le tennis… ma non demordiamo e si va fino al podio!
La camminata diventa più epica man mano che scendiamo, i nostri piedi affondano nei 10 cm di neve e quando arriviamo la soddisfazione è grande; fatte le foto di rito sul podio risaliamo verso l’auto per cambiarci e fare la sosta pranzo a base di Burek veramente ottimi.

Proseguiamo sull’altro monte olimpico, il Trebević; questo, a differenza dell’Igman, durante la guerra era controllato dai Serbi ed anche oggi fa parte della Repubblica Srpska.
I resti della pista da Bob sono messi molto peggio dei trampolini, il lato con una delle curve è mezzo distrutto e pieno di disegni e murales che purtroppo lo rendono più moderno di quel che è.
Qui D. si scatena in palle di neve mentre la guida cade per l’ennesima volta nella neve scendendo dall’auto.. questi momenti di risate ci volevano dopo una giornata molto intensa dal punto di vista emotivo e ci ricordano che fortunatamente i tempi sono cambiati.

La parte finale del tour prevede il passaggio per un paio di punti da cui i cecchini colpivano i loro obiettivi; in particolare dal cimitero ebraico l’ampiezza della visuale e la vicinanza alla città era impressionante.. anche solo ad occhio nudo si possono vedere le persone e i loro movimenti nelle strade cittadine.
Da qui si nota bene il Bulevar che abbiamo percorso la mattina in auto, il famoso Sniper alley con l’Holiday Inn giallo dove risiedevano i giornalisti internazionali, tanti palazzi con ancora i segni di quel periodo, le due torri bruciate ed ora ricostruite ed in cima alla collina di fronte la torre della Tv che era stata bombardata e bruciata.
Scendendo verso il centro ci fermiamo alla fortezza gialla che ha più che altro una bella vista sulla città di Sarajevo con le montagne innevate, le moschee, il fiume, la biblioteca e purtroppo tante lapidi bianche sulle colline appena fuori dal centro.

La giornata è stata ricchissima ed abbiamo bisogno di rielaborare tutto quello visto in queste ore, salutiamo e ringraziamo calorosamente Ervin e ci prendiamo una pausa bevendo un caffè turco (in un locale con arredamenti orientali e musica occidentale come Lady Gaga… e diciamo.. questa cosa che rappresenta benissimo la città) e facendo le classiche foto della piazza dei Piccioni con dietro la moschea ed il suo minareto.
Quando stiamo per rientrare in appartamento optiamo per fermarci nella “Galerija 11/07/95” anche se è tardi ed abbiamo solo un’ora di tempo prima che chiuda; la mostra è dedicata soprattutto al massacro di Srebrenica e ci torneremo il giorno seguente per approfondire meglio la visita in quanto merita parecchio.

Dalla serata invece non ci aspettiamo molto, è lunedì sera, fa freddo e di certo le strade non saranno affollate di gente; comunque andiamo a mangiare nella zona mussulmana e facciamo un’ottima cena a base di zuppa di carne, farro e verdure e poi un mega Pljeskavica con Kaymak.
Prendendo spunto dai racconti letti prima di partire ci dirigiamo verso il Kino Bosna e confermo che il locale è veramente particolare.. un ex cinema (con tanto di vecchie locandine appese alle pareti) che ora è una specie di circolo dove la gente passa il tempo parlando, bevendo e chiacchierando tra amici.
Poi c’è un gruppo che gira per il locale suonando e cantando musica balcanica; il cantante sembra un po’ Riccardo Fogli ed ovviamente noi non capiamo i testi delle canzoni ma ci facciamo trasportare dalla musica e dalla sua cadenza nostalgica e romantica.
Si vedono vecchi e giovani che cantano insieme e si lasciano trascinare dalle note tra bottiglie di Sarajevsko ed il fumo delle sigarette che annebbia tutto il locale.


martedì 26 aprile

Il martedì l’abbiamo passato facendo il classico giro turistico della città.
Per fortuna la neve e la pioggia hanno lasciato spazio al sole ed a un cielo limpido anche se la temperatura è rimasta abbastanza bassa.

Partendo dal nostro appartamento attraversiamo tutta la zona occidentale della città, l’impressione della prima sera è confermata.. non c’è molto di interessante, è tutto abbastanza moderno ed i negozi vendono le grandi marche internazionali.
Passiamo per la chiesa cattolica, dove Papa Wojtyla passò a soli due anni dalla fine della guerra (ed infatti c’è una sua statua all’esterno) e per la chiesa ortodossa.
I nostri occhi vengono attirati più che altro delle piccole cose.. tipo la Red Rose appena fuori dalla chiesa cattolica, i simboli dell’olimpiadi dell’84 rimasti intatti sulla via pedonale, il parco dove i vecchi giocano con gli scacchi giganti fin dalle prime ore del mattino e la linea di confine tra ovest ed est con scritto “Sarajevo meeting of cultures”.
Tra l’altro a me questa linea più che segno di integrazione ha dato quasi l’effetto contrario, quello di essere un confine, visto che dalla parte totalmente “europea” si passa ad una zona più ottomana, con viuzze strette, bazar, caffetterie in salsa turca, moschee al posto delle chiese..

Passiamo per il mercato alimentare che nel 1994 fu luogo di due stragi che causarono 68 e 43 morti; i nomi delle vittime sono ricordati da una grossa targa in vetro ed oggi il mercato procede normalmente tra venditori di frutta e verdura ed anziane signore che vendono pacchetti di sigarette chissà provenienti da dove.
Nella zona orientale della città, passiamo dalla moschea principale e torniamo nella piazza dei piccioni per vedere la città che si è ormai svegliata ed attivata; i negozi vendono più che altro set per il caffè turco, penne fatte con i bossoli di proiettili e maglie da calcio della nazionale bosniaca.
Costeggiamo il lungo fiume dove spicca la biblioteca nazionale che risalta in mezzo a tutti gli altri edifici; la vedi nuova, pulita, precisa, senza danni ed è totalmente in contrasto con i palazzi vicini, magari in ristrutturazione o con ancora i segni della guerra e dei proiettili dei cecchini.
Eppure la storia di questa biblioteca è pesante, visto che durante la guerra è stata attaccata e bombardata dalle truppe serbe mentre la popolazione di Sarajevo cercava di mettere in salvo più libri possibili rischiando la propria vita; nonostante questo, ben il 90% dei volumi è andato perso.
Costeggiando il fiume arriviamo al ponte latino ed al luogo dove è stato assassinato l’erede al trono del regno d’Austria-Ungheria, casus belli della prima guerra mondiale; ora c’è giusto una targa che ricorda l’evento ed il museo cittadino.
Prima di pranzo attraversiamo il nuovo e moderno bazar coperto (niente di che) dove compro la maglia di calcio del Sarajevo Fk e poi finalmente arriva l’ora del Burek.
Andiamo nella rosticceria che ci ha consigliato Ervin e li proviamo tutti e 5.. carne, verdure, zucca, patate e formaggio. Che mangiata!

Rifocillati andiamo nella zona olimpica, nella parte alta della città; lo stadio, anche questo in parte ricostruito, ha al suo interno il museo olimpico che raccoglie qualche oggetto d’epoca tipo la tuta da sci ed il cartello con scritto “Jugoslavia”, dei biglietti delle manifestazioni e cose simili.
Molto interessante il video con la cerimonia d’apertura ed alcune gare.. guardi i volti della gente, felice ed in festa e le confronti a quelle che vedremo alla Galerja, di guerra e paura; intorno allo stadio poi c’è forse il più grande cimitero della città dove non si contano le lapidi bianche (tutte con inciso l’anno di morte compreso tra il 1992 e il 1995).
Torniamo in centro fermandoci per la casa Svrzo, una tipica casa mussulmana benestante tenuta come ai tempi e poi ci dedichiamo una pausa in uno dei caffè piazzandoci in un tavolino al sole.
Intorno a noi un mix di turisti e gente del posto che si beve il suo caffè senza fretta e rilassata.
Ultima tappa della giornata è la “Galerija 11/07/95”; una parte l’avevamo già visitata la sera precedente ma volevamo vederla meglio perché è stata veramente interessante.
Le foto molto forti, i manifesti occidentali reinterpretati in modo sarcastico/ironico sulla guerra, il documentario Miss Sarajevo e un video di spiegazione sui fatti accaduti a Srebrenica.
E’ uno dei posti che da visitare se si va a Sarajevo, per comprendere meglio i fatti e le grandi colpe delle Nazioni Unite.

Ancora oggi ho in mente una parte del documentario Miss Sarajevo.. la parte nella quale intervistavano una ragazzina e i suoi amici che giocavano tra le macerie di un palazzo in un auto ormai distrutta.
Cantavano le Spice Girls, come la cantavano le mie compagne delle scuole medie; il giornalista poi era tornato qualche mese dopo e la ragazzina da felice e spensierata era triste e non voleva parlare, alcuni suoi amici erano morti e non c’era più voglia di cantare e scherzare..
Ecco, vedere le cose in parallelo, alle due situazioni così diverse.. bho.. mi è rimasto.

E’ stata un’intensa giornata, rientriamo in appartamento stanchi, passando per l’Eternal Flame e la moderna accademia delle belle arti, e con la voglia di rilassarci un po’.


Siamo molto soddisfatti di questa esperienza e penso che la città è pronta per diventare (tornare?) una meta turistica, sicuramente più di Belgrado.. per ora ho visto tanti turchi, qualche giapponese ma pochi Europei….

La sera, tra stanchezza e che è martedì sera, usciamo giusto a cena.. la partita di Champions alla tele, una pizza e una rijeka.
Domani si scende e ci fermeremo a Mostar.