sabato 21 giugno 2014

Marocco: la mia porta sull’Africa III

22 maggio
Ore 23.00

Ho appena trovato un attimo di tranquillità dopo 2 giorni intensissimi e riprendo a scrivere anche se è dura riordinare tutte le cose accadute.
Ora son al mio Riad a Marrakech ed ho appena finito una fantastica cena a base di zuppa di legumi, insalata con verdure/frutta di stagione ed un tajine di pollo con una salsa al limone che non avrei mai smesso di mangiare.
Il Riad è proprio bello ed effettivamente dormire nella Medina ha il suo fascino.. in queste viuzze nascoste dietro ai tanti negozi che occupano le vie intorno alla piazza jemaa el fna, bussi al portone ed è un po’ come entrare a casa di qualcuno..
Ed effettivamente il Riad è così! Si entra nel cortile interno, trovi una fontanella e poi l’arredamento con divani, tavoli, quadri di un’eleganza tutta marocchina, mentre al piano di sopra ci sono le 4-5 camere.

Per il resto questi due giorni abbiamo macinato parecchi km; io, la guida e l’inglese (che è stata veramente di compagnia) ci siamo divertiti condividendo le avventure vissute.
Anche perché i km erano tanti e scambiare due parole ogni tanto e farsi qualche risata ha aiutato parecchio.
Dei due ragazzi locali che ci hanno accompagnato in questo giro.. simpaticissimo l’autista, alla mano, sempre pronto ad aiutarti, a cantare e soprattutto molto genuino.
Un po’ meno l’altra guida, che faceva un po’ il furbo ma soprattutto non mi piaceva come trattava i ragazzi che lavoravano grazie a lui..
Tipo al ristorante o con le donne faceva troppo il superiore anche se, alla fine, nei miei confronti non posso dire nulla di male… visto che era sempre disponibile e gentile.
Anche se devo ancora capire perché lui la prima notte l’ha passata nell’hotel 4 stelle dove alloggiava l’inglese ed io in un alberghetto nel mezzo delle gole di Dades… bho.
Comunque meglio così! In questo modo ho visto la valle fermandomi quando volevo per far foto o osservare il panorama e poi nell’ambiente nell’hotel a gestione famigliare (padre e figlio) mi trovo più a mio agio.. mi piace di più.
Ricordo ancora adesso la stretta di mano del padrone, vestito con la tunica bianca, e la sua soddisfazione nel sentire che tutto era andato bene.

Il viaggio di ieri, dalla valle dei Dades fino all’inizio del deserto è stato un po’ come una puntata di National Geographic; andando verso est si vedono i cambiamenti e le cittadine diventano come noi ci immaginiamo siano i paesi dell’Africa.
Strade laterali non asfaltate, case di mattoni di fango-cemento-paglia color rosso fuoco, carretti strapieni trascinati dagli asini, donne che trasportano fieno in spalla, bambini in bicicletta che escono da scuola, motorette con su come minimo 2 persone, i classici taxi (in genere vecchie mercedes) color beige, ragazzi/bambini/adulti con indosso le maglie da calcio delle principali squadre europee (con il Barcellona e Messi a farla da padrone), camion stracarichi che sembrano debbano perdere parte del carico, campi di calcio su terreni quasi sassosi, strade a 1 corsia dove l’auto/moto/carretto accosta sulla ghiaia per far passare il mezzo più veloce, rivenditori di bombole a gas, l’immancabile officina “finta Michelin” che ripara copertoni, donne con il velo e il vestito che da colorato diventa sempre più scuro fino a diventare nero, gente a bordo strada in attesa di chissà quale passaggio….
Praticamente, in questa giornata, in attesa di arrivare finalmente al deserto, più che le attrattive naturali io mi son goduto questo spaccato di vita reale, così differente dalla nostra.
L’unico rammarico è di aver avuto poco tempo e non aver scelto di muovermi in bus locale, così da poter camminare da solo in questi posti, dialogare, conoscere meglio.
Ma il tempo è tiranno e questa volta mi son dovuto accontentare di vederlo da spettatore o meglio diciamo da comparsa.
Son contento di essere venuto ora, perché la zona sta diventando turistica e molto velocemente.
Oltra ad alcuni 4x4 come il nostro e ad alcuni pulmini da 10-12 persone si iniziano a vedere proprio i classici bus turistici e questo snaturerà un po’ il luogo.
Vedi Tinghir, la città svincolo per Todra, che è un cantiere unico.. mega alberghi in costruzione, fontane e piscine appena terminate, 3 rotonde giganti dove non c’è ancora nulla..in attesa di nuovi palazzi.
Tutto questo porterà anche benefici, tipo la fogna, nuove strade e soldi ma ora è in totale contrapposizione con i villaggi poco distanti dove tutto è fermo e la gente sembra chiedersi chi sia questo intruso.
La gola di Todra comunque vale la sosta, sembra veramente che le due rocce siano due portoni semichiusi e tutto ti invita a seguire il fiumiciattolo ed entrarci.
Qui poi ci sono ancora pastori nomadi che portano la capre a pascolare; si vede il padre di famiglia e la sua figlioletta di massimo 10 anni e mi viene da pensare che qui la vita non è facile; in generale si vedono tanti ragazzi adolescenti che lavorano per le strade, dal fabbro o altri lavori che sarebbero pesanti anche per un adulto.
Nella sosta pranzo assaggio altre specialità e provo le brochette di agnello e la solita frutta fresca (anguria, melone ed arance).. la cucina marocchina sta passando l’esame, è saporita e fresca.. mi piace.

Ok, è solo mezzanotte e vorrei scrivere, condividere le sensazioni del deserto ma sto crollando dal sonno.. lo farò domani anche perché c’è ancora tanto da scoprire di questo Marocco.. la mia porta d’accesso all’Africa.

giovedì 19 giugno 2014

Marocco: la mia porta sull’Africa II

20 maggio
Ore 22.00

E rieccomi, in una camera d’albergo nel mezzo delle gole dei Dades, che mi rilasso ascoltando l’ultimo cd dei Coldplay.
Son contento, anche oggi è stata una gran bella giornata, una di quelle che non hanno l’avvenimento di grande impatto ma che ti danno un continuo flusso di piccoli stimoli ed emozioni che unite tutte insieme la fanno diventare una giornata ricchissima.

Già ieri sera la serata non si era chiusa con l’aperitivo ma mi ero fatto trascinare dalla piazza Jemaâ El Fna.
In mezzo ai vari spettacoli di danze berbere, di giostre improvvisate, di donne che dipingono disegni hennè sulle mani di alcune turiste.. son finito a mangiare in uno dei baracchini lì in mezzo; calamari ottimi (freschi e leggeri) e cous cous con merguez, la tipica salsiccia locale.
Dopo cena ho seguito il flusso della gente e son tornato fuori dalla moschea che con la sua torre illuminata faceva un effetto scenico notevole; tra l’altro al di fuori della moschea era pieno di venditori di scarpe.. l’ho trovato curioso, come se uscendo dopo la preghiera non trovi più le tue scarpe e devi comprarne delle altre.
Per il resto, anche se era un lunedì sera, in giro era strapieno di gente e non solo di turisti; chi intento a comprare qualcosa, chi a mangiare un gelato, gente di ogni età, bambini, vecchiette a spasso con marito, ragazzi che corteggiano qualche coetanea .. un po’ come avviene in tutto il mondo.
Era a Marrakech ma poteva essere Milano, Parigi, Londra… ma solo con i rumori e gli odori tipici di qui.

Stamattina, dopo una prima sveglia alle 5 con il Muezzin (il richiamo alla preghiera), verso le 7 mi son trovato con quelli del tour che mi porteranno verso Est, da Marrakech fino al deserto di Merzouga, passando per vallate, vecchie fortezze, città in forte espansione e paesini sperduti.
Per questi 3 giorni ho scelto di appoggiarmi ad un tour per limitare le spese e star dentro nei tempi.. solo di noleggio auto mi sarebbe costato parecchio di più e poi alla fine sulla 4X4 siamo solo in 4.. io, l’autista, la guida e un’inglese molto simpatica e alla mano.
Alla fine questi tour fanno più o meno tutti lo stesso giro e bene o male le soste son negli stessi punti.. ma ci sta dai, almeno non sono in uno di quei pulmini da 10-12 persone ed il rapporto è più diretto.
Anche oggi fino alle 10 c’era brutto tempo, pioggia e nuvole la facevano da padrone ma dopo sole e un bel caldo.

Nei tanti Km macinati abbiamo passato paesaggi particolarissimi, all’inizio la salita fino a 2.200 mt con la strada che dalla vetta sembrava uno di quei serpenti che trovi in piazza Jemaâ e poi con il continuo cambio di vegetazione…
Prima roccioso ma verde con arbusti di circa 1 metro, poi sempre più secco, dove i cespugli bassi prendono il posto degli alberi, ed infine tutto diventa rosso fuoco senza alcuna vegetazione ad eccezione delle oasi verdissime che generalmente sono in mezzo alle vallate.
Son rimasto un po’ deluso dalla Valle delle Rose, mi aspettavo tutto colorato ed in fiore, invece tante piante e tanto verde ma niente di più.
Solo i bambini ai bordi delle strade che vendevano cuori fatti con i petali freschi mi hanno fatto capire che eravamo lì.
Ecco, qui è più “differente” che da noi.. vedo questi villaggi sparsi qua e là con bambini che vendono souvenir, donne che raccolgono il grano/fieno a mano, uomini che trasportano carretti strapieni.. cioè è proprio zona rurale.
A volte poi incroci delle persone in mezzo al nulla che camminano tra due paesi distanti anche un 10/20 km, cioè è normale farsi tutti questi km sotto il sole cocente.

Una cosa che ho notato è il rispetto, o forse soggezione, dei ruoli; come quando la giuda tratta con modi bruschi chi serve ai bar o la riverenza nei confronti della polizia o nei confronti del padrone della ditta o del negozio… i ruoli mi sembrano ben marcati e sicuramente chi lavora con i turisti ha parecchi vantaggi.
Però la solidarietà tra di loro è notevole; si aiutano con indicazioni, passaggi in auto, se c’è qualcuno che ha bisogno non si tirano indietro.. bho, forse è solo apparenza ma mi è sembrato così.
Tra le cose curiose di questi paesini c’è che le case magari son fatte con mattoni di paglia-fango ma quasi tutte hanno la parabola mentre per il resto solite cose che però colpiscono sempre.. le pecore libere di pascolare e fermarsi in mezzo alla strada, le carne esposta all’aperto nelle macellerie di paese, ect.
La parte clou della giornata è stata la kasbah Ait Benhaddou, la vecchia fortezza sulla riva di un fiume ormai a secco.
Prima di arrivarci, divertente fuoristrada nel deserto roccioso e sosta pranzo con insalata marocchina, polpette speziate e frutta fresca.
La kasbah è particolare, a guardarla dal basso ti sembra che sia parte stessa della roccia, non è come se ci avessero costruito sopra ma come se fosse un proseguimento della roccia stessa.
Poi con le sue case di mattoni dello stesso colore rosso c’è un’armonia incredibile.
Il giro in mezzo alla kasbah è un po’ rovinato dai venditori ambulanti ma una volta in cima, tra la vista spettacolare ed il silenzio interrotto solo dal vento il panorama è bellissimo; in lontananza si vede il verde delle oasi, il rosso fuoco delle rocce, colline dai colori differenti che vanno senza fine verso l’orizzonte.
Tra l’altro qui hanno girato parecchi film, anche il Gladiatore! Infatti una volta scesi e girando intorno si arriva nel punto in cui Massimo Decimo combatte prima di arrivare a Roma.
Nel momento in cui stavo facendo la foto alla Kasbah, passa 1 signore con 3 cammelli.. chissà da dove stava tornando e cosa pensa di questo trambusto creato dai turisti

Tra le varie soste, una veloce per vedere come fanno l’olio di Argan e poi l’alternarsi di paesini con paesaggi che verso la fine diventano un po’ ripetitivi.
Per fortuna la musica “dance” berbera alza il morale e quando molliamo l’inglese al suo hotel io e l’autista parliamo di tipe dandoci il 5 mentre cantiamo e balliamo queste canzoni e l’immancabile Eros Ramazzotti.
Il finale di strada delle gole dei Dades però cambia totalmente.. qui le rocce hanno forme particolarissime, il lavoro del vento e della pioggia le rende prima sinuose e poi di colpo frastagliate… rocce interrotte solamente da qualche casa e da qualche minuscola Kasbah ormai in rovina.

Per concludere la giornata, cena con zuppa e un tajine saporitissimo con prugne, mandorle, agnello e zafferano.
Ora aspetto la notte nel deserto di domani; son curioso e non vedo l’ora di quel tramonto.
E’ presto, ma vado a dormire che son un po’ stanco, anche perché non ho avuto un momento di relax tutto per me… troppi stimoli, sensazioni nuove, paesaggi incredibili.
Viaggiare regala sempre grandi emozioni anche se finora non son ancora riuscito a “lanciarmi” totalmente nell’avventura come al solito.. in un paio di situazioni son rimasto un po’ bloccato.. ma anche negli altri viaggi son serviti un paio di giorni per buttarmi a capofitto in ogni situazione.

domenica 15 giugno 2014

Marocco: la mia porta sull’Africa

Come per gli ultimi viaggi, anche questa volta ho preferito scrivere un diario di viaggio strada facendo utilizzando i ritagli di tempo che avevo.. magari mentre bevevo un thè caldo o dopo cena prima di andare a dormire.
Di conseguenza, più che un racconto o una descrizione dei posti visitati, quello che più risalta sono le emozioni e lo sensazioni provate in quel momento… e quindi quello descritto è una visione totalmente personale che può essere diversa da quanto vissuto da chi ci è già stato o chi visiterà il Marocco prossimamente.

19 maggio 2014
Ore 05.10

E rieccoci, di nuovo in viaggio e anche questa volta in solitaria.
Stavolta non sono preoccupato o altro, sarà che è solo una settimana o che forse mi sto abituando a viaggiare da solo; comunque son contento.. ci voleva di staccare da tutto e per un pò prendersi il proprio tempo.
La meta, il Marocco, è stata un parto semi-traumatico.. è un posto che avrei voluto visitare da tanto tempo ma per un motivo o per l’altro non si è mai incastrato; poi una volta rinviata la Transiberiana dovevo prenotare qualcosa e il nome di Marrakech rimbalzava nella mia testa e così alla fine la scelta è stata facile.
Speriamo solo non si muoia dal caldo..
Ora ci si sta imbarcando.. vado a dormicchiare un po’ sull’aereo.

Ore 18.30

Son sulla terrazza di un bar nella famosa Jemaa el fna; la piazza si sta animando ed in sottofondo i suoni degli incantatori di serpenti la fanno da padrone.
In questo posto che unisce il kitsch più assoluto mi sembra quasi di assistere ad un teatro messo in piedi per noi turisti dove sembra che i “pazzi” siano loro ma forse…, pensandoci bene, alla fine quelli “fuori” siamo noi che veniamo qui per questo.
Ma tutto qui ha un qualcosa di affascinante.. è pazzesco; uno lo può vedere mille volte in tv ma non è uguale.. non si sentono gli odori, non si fissa negli occhi una ragazza coperta totalmente dal velo, non si contratta fino alla morte per spuntare il prezzo migliore, non si vedono le mosche che stazionano sui dolci in attesa di essere venduti e poi mangiati, non si scambia un sorriso con un venditore con tutti i denti giallo-marcio… bello.. bello.. ed ora aspetto solamente che la serata prenda corpo.

La lunga giornata era partita un po’ in salita.. non solo per la sveglia alle 3 ma anche per un po’ di stanchezza accumulata; meno male che durante il volo ho quasi sempre dormito e l’arrivo a Marrakech alle 08.30 è stata un po’ come la sveglia che suona al mattino.
Quando ormai penso che sarò operativo prestissimo mi blocca il controllo documenti; noi ormai siamo abituati a viaggiare in area Schengen senza più lunghe attese e code infinite ma qui si ritorna al passato e alla fine ci metto 45 minuti per superare il controllo e ritirare la valigia.
Tra l’altro, appena arrivato, il tempo era pessimo.. caldo ma tutto nuvolo.
Scendendo dal bus che dall’aeroporto mi porta per la prima volta in piazza Jemaa el fna mi sento subito in un altro mondo.. qui lo straniero sono io e tutte le mie abitudini e certezze le devo lasciare a casa.
Al Riad, che è poco distante, ricevo un’accoglienza inaspettata.. thè alla menta (il primo di una lunga serie), camera bellissima, gestore ultra gentile e premuroso tanto che mi sentire fin un poco a disagio… non ci sono abituato.
Ma la “botta” vera è quando lascio il Riad, torno in piazza e mi addentro subito nei Suk, lanciandomi alla scoperta di Marrakech.
Ci passerò le successive 5 ore, fino alle 16, e ne uscirò a dir poco ubriaco.. neanche dopo una ciocca pazzesca avevo quella sensazione di confusione.. che mi fa sentire perso, stordito.
I venditori li credevo più insistenti ma son le situazioni che si accavallano che mi hanno travolto; avrei fatto mille foto, ma come sempre il rispetto per le persone mi frena sempre un po’
Mi ha colpito il fatto che gli oggetti li producono direttamente lì sul momento, magari in sgabuzzini improvvisati a botteghe.
Girovagando si passa in mercati totalmente diversi tra loro; ti imbatti nei negozi di pantofole che vengono cucite con vecchie macchine o direttamente a mano, in luoghi dove le pelli vengono trattate per poi diventare portafogli o borse (e l’odore è a dir poco nauseante), nei falegnami che intarsiano il legno, nelle “cucine” all’aperto (tra odori particolari, pesci fritti, spiedini, pane, ect.), in tappeti bellissimi dai colori sgargianti, in argentieri che lavorano sul momento vassoi o servizi da thè….
In questo continuo girare si perdono i punti di riferimento e ti ritrovi a passare negli stessi posti più volte, un po’ perché in fondo ho scelto io di perdermi ed un po’ perché anche volendo seguire un itinerario mi sarei perso lo stesso……
Nei Suk mi abituo in fretta a camminare stando pronto ad evitare i motorini che sfrecciano veloce nelle stradine ed i carretti stracarichi trainati dagli asini.

Nel frattempo ho visitato la Medersa di Ben Youssef, l’antica scuola coranica con le pareti ed i bellissimi soffitti di piastrelle colorate o di legno decorato ed intarsiato a mano.
Poi le camere degli studenti, piccolissime, e soprattutto il giardino che lascia senza parole.
Tra il gran caldo (anche perché da nuvolo si è passati a 35 gradi con cielo limpidissimo) e la baraonda, appena uscito dai Suk, mi son rilassato in un bar vicino alla moschea; thè alla menta saporito e dissetante.
Questo è stato il primo momento di riposo e di riflessione; un momento in cui ho pensato a questo giro, a questo altro posto di mondo che sto per scoprire.
Un bambino mi ha salutato dal tavolo di fianco…. Queste cose non hanno confini e ti danno carica e speranza.

Purtroppo la moschea è chiusa ai non mussulmani, ma il giro intorno alla torre e ai suoi giardini l’ho fatto.. per poi tornare in piazza e al Riad per rinfrescarmi un po’.
Certo che di povertà se ne inizia a vedere, come i venditori di scarpe usate e la gente che chiede elemosina, ma in generale ho visto persone orgogliose, molto rispettose e sorridenti.
Le donne invece son quelle che mi incuriosiscono di più, non tutte portano il velo e la maggior parte copre solo i capelli lasciando in vista il volto.

Ed ora siamo qui, in Jemaa el fna, ed intorno a me si vedono spettacoli improvvisati.. tipo due bambini che simulano un incontro di box, scimmie portate al guinzaglio, serpenti che danzano seguendo la musica degli incantatori, il fumo che esce dalle griglie delle bancarelle che fino ad un’ora fa non c’erano…
Veramente mi sembra di essere tornato indietro di anni e anni; stare qui è una di quelle cose che già da sole valgono il viaggio.