mercoledì 30 gennaio 2013

La mia Cina - parte 7

22 ottobre Chengdu – Emei Shan

La giornata odierna è stata la prima di transizione, nel senso che più che per visitare posti è servita per riordinare un po’ le cose e muoversi verso la prossima meta dove ci attende la trasferta all’Emei Shan e a Leshan.

La sveglia è suonata finalmente un po’ tardi; un po’ di riposo era necessario dopo i ritmi infernali tenuti da quando siamo partiti e la lunga dormita non è mai stata così rigenerante.
Alzati e docciati prepariamo lo zaino per questi 2 giorni via, lasceremo la valigia nel deposito bagagli dell’ostello e viaggeremo solo con quello; approfittiamo anche della lavanderia e molliamo lì un bel pacco a testa di indumenti in modo da trovarli puliti al nostro ritorno.

Il resto della mattinata invece la utilizziamo per ritirare la caparra dell’auto che avevamo versato prima di partire per il tour a Tagong, tour poi cancellato per le cattive condizioni della strada.
Prendiamo la metro e per arrivare all’ostello dove aveva base il tour dobbiamo camminare una mezz’oretta.
E’ una zona nuova, i negozi tutti uguali si alternano come nel resto della città (ma vendono tutti le stesse cose.. come fanno a vivere?!?!). Durante questa camminata vediamo come i venditori di cibo siano presi d’assalto dalle scolaresche, praticamente al posto che andare in mensa gli alunni vengono portati qui.
I ragazzi/e poi sono tutti vestiti uguali, ma non portano un’uniforme da college inglese ma hanno una tuta con scritto sul retro l’anno scolastico.. forte!
A fatica, e dopo aver chiesto a molte persone, abbiamo trovato l’ostello e qui ci aspetta una sorpresa.. secondo loro tra commissioni bancarie e tasse d’importazioni del mio bonifico originale di 120 euro ne rimangono solo 85. Non è tanto, ma sul momento mi son girate veramente… 35 euro buttati per un tour annullato.

Avendo ancora un po’ di tempo, verso mezzogiorno ne approfittiamo per visitare il tempio buddista di Wenshu.
Anche qui sono due le cose che ci colpiscono.. la pace e la tranquillità all’interno del tempio e le strutture commerciali che hanno costruito appena fuori.
In particolare è quello che c’è all’esterno che ci stupisce; hanno ricostruito un piccolo quartiere con negozi e punti di ristorazione con strutture “antiche”, ma che si nota subito che sono moderne e appena rifatte..
Penso che i Cinesi abbiano imparato in fretta il business del turismo capendo che i luoghi religiosi possono diventare una bella fonte di reddito.
Comunque il tempio, all’interno, merita la visita; ancora incenso, diversi Buddha e tanto tanto verde.
Nel parchetto poi è facile incontrare anziani che si rilassano chiacchierando tra loro in mezzo a piante, bonsai e pappagalli in gabbia.
Finita la visita, decidiamo di mangiare qualcosa prima di partire.
Ci sediamo in uno dei tanti punti di ristoro e scegliamo un po’ dal menu…..ravioli, noodles un poco piccanti e gamberi gratinati… un ottimo pranzo!

Alle 3 è ora di lasciare Chengdu; in metro, quando passiamo i nostri zaini nel metal detector le giovani poliziotte ridono, il tizio davanti a me paga il biglietto con lo smartphone; questa è la Cina.. ultra moderna, timida e antica nello stesso tempo.
Il bus per Emei parte alle 4 puntuale e il tragitto durerà un’oretta; siamo abbastanza stretti e osservando dal finestrino vediamo la città che lascia spazio alla campagna.
Si vedono contadini che lavorano a terra a mano o che camminano rientrando a casa.. anche se in questo momento il tramonto mi da un po’ di nostalgia.
Quando ormai è buio sentiamo l’autista del bus che ci chiama, tutti ci indicano e ci fanno gesti per farci scendere.. all’inizio non capiamo ma poi comprendiamo che quella è la nostra fermata.
Cavolo, se tutta la gente se ne fosse infischiata chissà dove saremmo finiti; invece arriviamo, anche grazie ad un taxista abusivo, al nostro alloggio a Baoguo, il paese ai piedi del monte, la location perfetta per partire domani mattina.

Ci sistemiamo nel nostro hotel e grazie ai consigli del proprietario organizziamo la scalata del giorno successivo.
Docciati usciamo a mangiare qualcosa, del resto Baoguo è veramente minuscola e tutti i ristoranti son nella stessa via.

Gironzolando ci imbattiamo in alcuni signori di mezz’età, ci fermano parlando in cinese e continuano a guardarci come per dire “ma non capisci?”.
Nel frattempo si avvicinano anche due giovani ragazze, una delle due parla inglese e ci fa un po’ da traduttore, appena dice ai signori che siamo italiani questi si mettono a parlare e uno fa come per calciare qualcosa…. dice Juventus ..quando io indignato dico ..”no… juventus no….” Lui mi fa “napoli?”… io provo a convincerlo che son del Torino, ma va bene così
Comunque facciamo delle foto con loro e chiediamo aiuto alla ragazza anche per ordinare da mangiare.
Noodles freddi (mai assaggiati prima), ravioli e qualche spiedino possono bastare (a 5 euro per entrambi, birra compresa), domani c’è la grande scalata!

Ora siamo in camera a riposare, riflettendo posso dire che una mia opinione su questo popolo me la sono fatta..
Alla fine son un po’ zozzi ma sempre con civiltà, quasi sempre sorridenti e molto ospitali.
Altra cosa che ho imparato in questi giorni è il modo in cui dare il denaro nel momento in cui si paga; sempre con due mani, quasi come per porgerlo a chi ti sta di fronte.. è una cosa che d’ora in avanti cercherò sempre di fare, per rispetto ai luoghi che mi stanno ospitando.. è il minimo.
23 ottobre – Emei Shan

Eccoci di ritorno dall’Emei Shan, stanotte dormiamo ancora a Baoguo e domani mattina si parte presto verso Leshan.

Diciamo subito che la scalata all’Emei Shan è stata un po’ deludente, forse è perché le nostre aspettative erano alte o comunque ci immaginavamo un posto un po’ differente.
Molto bello il verde, l’ambiente religioso e la natura circostante però questa località ha un difetto, è ultra-frequentata e quindi alla fine passi gran parte del tempo in mezzo a comitive di turisti che seguono la loro guida che parla ad un microfono con tanto di cassa audio portatile.

Noi ci aspettavamo un posto molto più tranquillo, una scalata da fare con poca gente che avrebbe pregato nei vari monasteri presenti.. quindi più una camminata religiosa in mezzo a questa natura.. e purtroppo non è quello che abbiamo trovato.
Nel complesso comunque una visita vale lo stesso la pena di farla perché comunque posti affascinanti se ne trovano (soprattutto la vetta).

La sveglia è suonata presto, 6 e mezza e dopo una colazione abbondante andiamo alla vicina stazione degli autobus per prendere il bus che ci porterà ai piedi dell’ultima salita.
Il viaggio durerà un paio d’ore e prima di arrivare al Leidongping point (a 2400 mt) facciamo un paio di soste.
La prima per prendere il biglietto d’ingresso al parco (che costa veramente un botto!) e la seconda per sgranchirsi un po’ le gambe e sfruttare alcuni venditori ambulanti e negozietti per le ultime cose; alcuni ne approfittano per giocare a badminton e noi curiosiamo tra le bancarelle.
Tra le cose particolari che troviamo in vendita ci sono i Noodles istantanei (delle confezioni monodose che riscaldano da sole in pochi minuti prima di aprirle), le lattine di RedBull e i tanti venditori di bastoni di bamboo o di mantelline per il freddo.
La giornata non è limpida e man mano che saliamo vediamo la strada sotto di noi che scompare nella nebbia.

Scesi dal bus iniziamo la salita verso il Jieyin Hall, intorno a noi tanta tanta gente e non solo.
Infatti richiamati dal cibo accorrono sul percorso delle scimmiette… le vedi che afferrano cibo e rubano bottiglie di bevande ad alcuni turisti.
Saltano da un ramo all’altro e poi si mettono a bere dalla bottiglia rompendo con le unghie il fondo delle stesse. Che brutte!
Lungo questa parte del percorso ci sono ancora venditori ambulanti, alcuni propongono dei funghi dalle forme particolari che di certo non ispirano granchè dal punto di vista culinario; oltre a loro ci sono dei “faticatori” con delle lettighe che si propongono di portarti in cima alla vetta senza fare nessuna fatica.
Vediamo l’ora, e se vogliamo completare il nostro itinerario dobbiamo appoggiarci alla funivia.. ci sentiamo un po’ sconfitti, ma alla fine si è rilevata la scelta migliore per star dentro nei tempi.

Così arriviamo a 2900 mt e possiamo fare l’ultimo pezzo prima della vetta, il Golden Summit.
La vetta ci fa dimenticare il viaggio e tutte le guide turistiche.. siamo a 3000 mt e l’ambiente intorno a noi è veramente bello.
Il gigante Buddha dorato padroneggia l’intera montagna.. intorno a lui un paio di templi e soprattutto la nebbia e le nuvole che ti fanno sentire veramente in cima al mondo.
La scalinata finale che ci porta al Buddha è un alternarsi di gente in ginocchio che prega a portacandele sacre da cui esce un forte odore d’incenso.
Con calma giriamo tutta la vetta e facciamo mille foto.
Ad un certo punto, vicino a noi, ci sono due giovani monaci buddhisti, uno sta facendo la foto con l’Iphone… questa unione di modernità e sacro è forse il segno dei nostri tempi.. dove tutto è possibile.
La discesa fino al Leidongping point la facciamo a piedi, dobbiamo pur smaltire la grossa colazione!
Da qui prendiamo il bus per la Wannian Bus Station, dove abbiamo una prova d’orgoglio e per arrivare al Wannian Temple, ignoriamo la funivia e saliamo a piedi.
Facciamo il misto di scalini e sentiero motivandoci a vicenda alla Livio Sgarbi di Campioni e quando arriviamo al tempio siamo soddisfatti.
Ci beviamo la nostra Red Bull mentre intorno a noi è pieno di guide che non smettono di parlare nei loro microfoni… passare dalla tranquillità della vetta a questo bordello non è proprio il massimo.
Così scendiamo verso l’altra stazione dei bus passando per il Qingyin Pavilion.
Questo tempio è bello, si differenzia dagli altri per gli oggetti appesi, sono delle specie di chiavi rosse con scritti i desideri dei fedeli.
Poi un gruppo di cinesi si mette a girare intorno a una pianta sfregandola in alcuni punti particolari.. sicuramente sarà stato un rito porta fortuna.
Solo i monaci sembrano finti, ogni tanto suonano il gong ma soprattutto si mettono a vendere braccialetti sacri o altri oggetti.. come se il loro ruolo lì non fosse aiutare la gente a pregare ma più che altro a svuotare il loro portafoglio.

Nella parte finale della camminata tornano i mercatini e i venditori ambulanti che costeggiano il laghetto presente.
Si vede che sull’altra sponda stanno costruendo hotel e alberghi.. praticamente stanno svuotando il significato religioso che aveva questo luogo.
Arriviamo all’ultimo bus della giornata per rientrare a casa, siamo rilassati quando una signora ci offre un biscotto e con il suo stentato inglese cerca di comunicare un po’ con noi..

Alla sera, dopo una doccia rigenerante e un po’ di riposo, siamo usciti a cena nella solita via piena di ristoranti/punti di ristoro.
Teri non sta molto bene e quindi non ha molto appetito, io prima mi faccio un paio di spiedini e poi ci sediamo a mangiare un po’ di noodles con carne e verdura
Teri opta solo per del riso in bianco e quando ordina lo ordina la signora che ci serve lo guarda come un alieno.. è come se da noi al ristorante uno prendesse solo del pane!
Mentre stiamo mangiando, i due vicini di tavolo ci chiedono se vogliamo assaggiare un po’ del loro pesce.
Per educazione accettiamo e così finiamo al tavolo con loro..
Ci fanno assaggiare tutte le pietanze da loro ordinate, pesce. Zuppa. Verdure… e si finisce a parlare un po’ di tutto (aiutati anche dal traduttore cinese-inglese del loro cellulare).
Si parla dei cambiamenti che stanno avvenendo in Cina, di come si vive Italia, di calcio italiano, del cibo, del turismo cinese in espansione, dei giovani che ascoltano quasi solo musica americana/occidentale..
Ma quello che li colpisce più di tutto è quando sentono quante ore e quanti giorni a settimana lavoriamo noi in Italia.. ce l’hanno chiesto per 3 volte, non volevano crederci.

Verso le 11 ci lasciano con un caloroso “Welcome in China” e pagano le birre che avevamo bevuto insieme.
Come spesso capita, si parte per visitare un luogo o un posto ma quello che rimane dentro è altro.. e quindi penso che alla fine ne sia valsa la pena venire fino a qui.

lunedì 21 gennaio 2013

La mia Cina - parte 6

Usciti dal quartiere tibetano, verso le 8, vediamo un bel po’ di gente che entra nel ristorante e così decidiamo di andarci anche noi.
Il ristorante è pieno e dopo un po’ di coda ci sediamo al tavolo. Qui prendiamo qualche raviolo di accompagnamento, Teri dell’anatra affumicata e io provo la carne di Yak.
Tutto molto saporito, forse un po’ troppo però non male dai.

Tornati in ostello, ci docciamo e ci rilassiamo un attimo al bar dell’ostello bevendo qualche birra..e verso le 10 usciamo.
Puntiamo secchi ad un locale trovato su internet che si diceva frequentato anche stranieri, il Club Panama.
Il taxista ci lascia davanti a una piazza con intorno una specie di minicentro commerciale a due piani; è presto per le nostre abitudini ma il posto è già bello pieno.
Prima cosa, pit stop in bagno… è un cesso pubblico e l’odore che esce è una cosa mai sentita prima, quasi da svenire, è senza dubbio il bagno più sporco in cui sia mai stato.
Corsi fuori iniziamo a muoverci per il locale.. è piccolino; c’è un bancone laterale, una pista da ballo, televisori con programmi occidentali sulle pareti e dei tavolini appena fuori.. sembra un mini discopub nostrano.
Come gente c’è un po’ di tutto.. alcuni ragazzi/uomini occidentali, delle turiste americane e delle ragazze cinesi.
Prendiamo le prime birre e studiamo la situazione; forse l’età media non altissima (intorno ai 20-25 anni) ci spinge a muoverci dal locale in cerca di fortuna.
Così alle 11 prendiamo un taxi verso la discoteca Babi (altro locale che avevo trovato su internet), il taxista non la conosce e utilizzando le mappe provo ad indicargli il posto.. niente da fare, giriamo a vuoto lungo strade deserte e buie.
Scendiamo dal taxi e proviamo a chiedere a un giovane ragazzo, ci dice di seguirlo e prendiamo un taxi con lui (lo stesso che ci aveva portato lì e che furbamente non si era mosso) e alla fine il giovane ha scroccato un passaggio fino ai suoi amici e ci ha mandato in una zona a sud della città.
Questa zona effettivamente è piena di locali, però ci da l’impressione di non essere molto accogliente.
Qui non ci sono occidentali, nei bar son tutti seduti e la discoteca Babi è vuota.. Niente, ci muoviamo di nuovo e visto che siamo per strada ci fermiamo allo Shamrock per vedere la situazione.. il locale è mezzo vuoto e troppo tranquillo e quindi optiamo per tornare al Panama.

Dopo aver perso 1 ora in giro per la città arriviamo al Panama a mezzanotte, con piacere notiamo che è ancora più pieno e che di fianco si è animato anche un secondo locale.
La birra scorre a fiumi, la serata scorre veloce e intorno a noi si vedono le scene più assurde.. occidentali al tavolo con cinesi, alcuni ragazzi di colore che vengono rimbalzati dalle cinesi e ripiegano sulle turiste americane, rapper orientali..c’è un po’ di tutto.
Alle pareti poi stanno facendo vedere in diretta la partita Juventus-Napoli, Teri si fa un po’ distrarre e mentre beve birra da un po’ d’attenzione alla pista e un po’ al match della sua squadra.
Io mi fermo a parlare con una ragazza a bordo pista e ad un certo punto sento una persona che mi prende per la camicia, mi strattona, mi urla nell’orecchio… non capisco cosa succeda, magari il fidanzato geloso o un amico ubriaco… lo guardo bene in faccia, è Teri che esulta come il peggiore degli Ultras per il goal della Juve..
Io cerco di mantenere un aplomb inglese e continuo a parlare con la ragazza facendo finta di nulla ma ovviamente lei scoppia a ridere per la scena.
Passiamo la serata a far da spola tra i due locali ballando il famoso Gangastyle a non più non posso.
Faccio due parole anche con alcune ragazze che tra le cose più curiose mi chiedono quante ragazze ho in Cina.
Arriviamo alle 5 e quando pensiamo che la sveglia per il Qingcheng suonerà alle 8 optiamo per tornare in ostello.

In taxi, quando tutto sembra tranquillo e siamo in fase relax, un pazzo ubriaco si butta in mezzo alla strada a dorso nudo e urla qualcosa al taxista.. andiamo a dormire e penso che questa è una città di pazzi!

21 ottobre Qingcheng

E’ domenica sera, siamo appena tornati da cena e siamo abbastanza stanchi; oggi siamo stati al Qingcheng, una montagna taoista un po’ fuori Chengdu che, nonostante non fosse nel programma originario, ci è piaciuta parecchio.
La giornata, come era prevedibile, è iniziata abbastanza in salita.. l’essere andati a dormire alle 5 e mezza dopo una serata di livello fa si che, quando la sveglia è suonata solo 3 ore dopo, non siamo così freschi e riposati.
La doccia rigenerante e un’abbondante colazione ci ridanno un po’ di energie e alle 9 e mezza siamo già alla stazione dei treni per muoverci.
La nostra idea era di prendere il moderno e veloce treno che nel giro di 20-30 minuti ci avrebbe portato ai piedi della montagna; però non abbiamo valutato il fatto che è domenica e che quindi chi può cerca di fuggire dalla città verso le mete più tranquille.
Di conseguenza non c’è neanche un posto libero, tutti i treni sono già full e noi dobbiamo cercare un’alternativa.

Leggendo la guida si parla di un bus che ci metterebbe un’oretta, così corriamo in metro verso la stazione degli autobus e proviamo a vedere se c’è veramente e se riusciamo a prenderlo.
Mentre ci avviciniamo alla stazione notiamo come la città sia ancora ferma, è la prima volta che vediamo un luogo in Cina così tranquillo, non c’è traffico, la gente sui marciapiedi è poca, sono aperti solo pochi negozietti..
Siamo sfortunati, l’ultimo bus è partito una decina di minuti prima del nostro arrivo.. son già le 10 e mezza e incominciamo a pensare che oggi non è giornata, ci va tutto storto.

Però ormai siamo in piedi e quindi cerchiamo di organizzarci. Ci mettiamo d’accordo sul provare a prendere un taxi per l’andata e al ritorno ci penseremo poi una volta arrivati là; stabiliamo un budget massimo di 200 yuan (25 euro) e chiediamo al primo taxista fuori dalla stazione.
Gli chiedo quanto vuole e lui mi dice.. 170 yuan.. io faccio la mia solita faccia sorpresa ed indignata e gli dico che è troppo.. e dopo una rapida contrattazione arriviamo a 150.
Nell’oretta di tragitto crolliamo nel sonno e ci svegliamo solo quando siamo quasi arrivati.

Arriviamo e capiamo come mai il Qingcheng è una delle mete preferite dagli abitanti di Chengdu per il weekend; nonostante la presenza di molta gente il posto è veramente tranquillo, la natura, il camminare in mezzo al verde, il laghetto e la pace dei diversi templi rendono veramente piacevole la camminata.
L’unica cosa è il costo d’ingresso, pazzesco per gli standard cinesi; ma almeno i biglietti d’ingresso sono belli, sembrano quasi delle cartoline con raffigurate le immagini principali dell’attrazione.. da conservare!
Comunque noi siamo partiti vestiti da montagna, sembravamo quasi due testimonial della North Face, però le gambe in salita risentono della fatica dei giorni precedenti e soprattutto del sabato sera appena passato; così quando veniamo superati da una ragazza in infradito capiamo che per arrivare alla vetta non possiamo contare sulle nostre gambe ma dobbiamo appoggiarci alla traghetto prima e alla funivia dopo.
In questo modo arriviamo a metà montagna e da qui iniziamo il nostro percorso a piedi.
Notiamo subito alcuni punti di sosta che sembrano usciti da un dipinto, i tetti sembrano fatti sulla falsariga di quelli della Città Proibita e alcuni anziani si riposano parlando e ascoltando il rumore di un fiumiciattolo lì vicino.
Salendo il nostro ritmo migliora, superiamo alcuni venditori ambulanti di frutta e attraversiamo i diversi templi che si propongono a noi.
Anche questi cambiano man mano che saliamo, quelli in basso più che a un ruolo religioso assomigliano a dei moderni bazar dove i cinesi comprano un po’ di tutto… statuette, candele, nastri rossi e braccialetti; invece in quelli più alti son meno sfarzosi ma sicuramente più dedicati alla preghiera.

Qui poi facciamo forse uno dei migliori pranzi fatti finora; a metà scalata, dietro a un tempio, vediamo un’antica struttura.. facciamo un giro e troviamo un mini bar dove vendono acqua e altre bibite, osserviamo meglio per trovare qualcosa da mangiare e notiamo una sala con dei tavoli e una cucina.
Ci avviciniamo e proviamo a chiedere alla signora cosa si può mangiare; ovviamente lei non parla inglese e ci da un menu scritto solo in cinese.. rimaniamo un po’ perplessi finchè non ci porta in cucina e ci dice di dirle cosa volevamo.
Con piatto in mano le indichiamo dei noodles, diverse verdure e altri condimenti che consegniamo al cuoco che ce li spadella in tempo reale.
Insieme a questo prendiamo anche la classica ciotola di riso bianco da un grande contenitore in legno.
Mangiamo così il nostro pasto, con il verde tutto intorno e la tranquillità del luogo in ambiente modesto ma piacevole, forse in uno di quei posti che si sognano prima di partire per un viaggio del genere.
Ps. Il tutto ci è costato 50 yuan in 2, quindi 3 euro a testa.

Rifocillati, riconquistiamo le energie e arriviamo facilmente in vetta; superiamo anche dei cinesi sudatissimi in canottiera (che va molto di moda) e ci godiamo questo spettacolo.
Sotto di noi si vede solo la strada che ci ha portato qui, tutto il resto è avvolto nella nebbia, sembrava quasi di essere sopra una nuvola e alla sensazione di magia e mistero si unisce quella di misticismo.
Sentiamo l’odore dell’incenso delle candele e a colpirci, più che il tempio, sono i tantissimi nastri rossi appesi un po’ ovunque.. sulle scale, sulle piante, sui tetti, questi nastri di un rosso accesso sono i desideri o le speranze di tanta gente che è arrivata qui prima noi.. rimaniamo senza parole.
Scendiamo con una soddisfazione e una pace interna pazzesca e pensare che qui non dovevamo neanche venirci.
La discesa la facciamo tutta a piedi, niente funivia e il percorso ci porta praticamente in mezzo a un bosco e a fare il giro del laghetto prima di arrivare alla fermata degli autobus.

Ora si pone il problema del rientro a Chengdu.
Seguendo la Lonely rifiutiamo le varie esose offerte di taxisti improvvisati e prendiamo il bus che ci porterà dall’ingresso della montagna alla cittadina poco distante.
Arriviamo alla stazione dei treni e cerchiamo di vedere se c’è un posto sul treno veloce, ma è tutto pieno e i primi posti ci saranno solo dopo 3 ore.
Così torniamo alle fermate degli autobus e proviamo a chiedere alla gente il primo bus per Chengdu.
Grazie all’aiuto di una giovane ragazza compriamo il biglietto e aspettiamo il nostro mezzo.
Lentamente fa buio, intorno a noi tutta gente del posto che pazientemente aspetta.
E’ curioso che prima di salire l’addetto che ci aveva venduto il biglietto ci fa mettere in ordine e in fila.. i primi a salire saranno anziani e le donne con bambini piccoli in braccio e dopo si procede in ordine d’acquisto del biglietto.. praticamente chi prima ha comprato il biglietto ha diritto a salire e a scegliersi il posto preferito.
Anche qui, come a Xi’an, gli ultimi vengono fatti sedere su dei sgabelli messi in mezzo nel “corridoio” del bus.

Dopo 1 ora veniamo mollati in periferia, al capolinea, però c’è la metro e con questa rientriamo in ostello.
In ostello ci rilassiamo un po’, poi è domenica sera e, anche volendo, non ci sarà niente di interessante da fare.
Andiamo allo Shamrock giusto per mangiare un buona bistecca e una birra fresca.. oltre a noi c’è poca gente, qualche faccia già vista che guarda le partite di calcio alla tv e basta; così finito di mangiare torniamo subito a dormire.

Prima di spegnere la luce in ostello, buttando giù le sensazioni odierne, ho riflettuto su come sia dura per un occidentale lavorare qui in Cina, in un ambiente totalmente differente da noi e che alla fine si è quasi costretti a cercare un luogo famigliare e a cercare il contatto con gente che è nella tua stessa situazione.. sicuramente non è facile.

Vabbè, domani mattina si dorme un po’ di più, lasceremo l’ostello per l’Emei Shan.. buona notte