23 settembre
Ore 16.00
Sosta rigenerante nel mezzo dalla giornata a Kashan; sono in pieno bazar in un vecchio ha hammam trasformato in sala da tè.
Ho fatto giusto uno spuntino a base di spiedini di fegato, ottimi ma spero siano stati cotti bene, accompagnati da una bevanda di mais e luppolo che dovrebbe essere una birra analcolica.
Sono in attesa che il bazar si riavvivi perché è dalle 2 che la città è deserta e tutto è chiuso.. dopo che sono uscito dalle case storiche sembra di essere in un altro posto; prima il consueto traffico, via vai di gente, negozi aperti.. mentre ora tutto chiuso, giusto qualche negozietto impavido e quindi aspetto qui una mezz’ora per poi ripartire
L’arrivo a Kashan è stato semplice, se non fosse stata per la sveglia alle 5, però almeno ho potuto prendere il treno delle 6 ed ho la giornata piena da vivere in città.
Si vede che il treno non è ancora nelle loro corde, per una città come Teheran la stazione è piccolina e anche poco frequentata; per andare sui binari devo far timbrare il biglietto nella stazione della polizia dove la guardia, vedendo il mio passaporto, mi dice sorridendo “welcome to Iran, your country is good”.
Il treno è normale e moderno, un viaggio lento ma almeno nelle 2 ore e mezza di tragitto potrò dormire, mangiare lo snack fornito in omaggio e fare due parole con il vicino; tanto il panorama dal finestrino è sempre lo stesso.. desertico e solo verso Kashan diventa un po’ più verde.
Proprio il vicino, per eccesso di gentilezza si propone di contrattare il taxi per me.. peccato che con il suo inglese basico aveva capito che volevo andare nel vicino villaggio di Abyaneh. Per fortuna mi rendo conto subito dello sbaglio e quando ci allontaniamo dalla città faccio fare inversione al taxista per portarmi in albergo.
Tre cose mi colpiscono subito.. qui fa molto caldo, le donne sono molto più coperte di Teheran ed è pieno di fast food che fanno pizza.
L’hotel è una casa ristrutturata con vasca d’acqua nel suo giardino e non è niente male; tempo di sistemarmi, accordarmi con l’autista per l’indomani e vado subito ai Giardini Fin.
Per strada mi imbatto con la forte impronta religiosa.. manifesti sulle pareti o nelle strade, bambini vestiti di “sacro” ed in generale si sente l’aria di provincia.. oltre ai negozi chiusi la case sono meno “occidentali” ed anche i vestiti dei giovani meno moderni.
Però non cambia la disponibilità.. giovani che ti incrociano e ti dicono “hello”, negozianti di lampade e vecchi che ti stringono la mano e ti danno il benvenuto, gruppi di ragazzine con il velo che ridono e scherzano in inglese diventando rosse per un sorriso.
L’unica cosa che può dare un sentore di “diffidenza” sono questi banchetti fuori dalle Moschee sempre aperti con musica, bandiere, commemorazione dei morti.. sempre frequentati in particolare da uomini e giovani.
Dicevo del giardino.. non è niente male! Belli questi vecchi cedri tutt’intorno al palazzo con i corsi d’acqua, fontane di contorno e hammam personale.
Da qui ritorno nella zona bazar, con le panetterie che sfornano pane a raffica dando ai ragazzi in moto l’onere della consegna (spesso portandolo in mano senza copertura guidando con l’altra mano) e poi gironzolo nelle desertiche strade periferiche circondato da case con muri color sabbia.. dove giusto qualche bandiera rossa e nera da un tono di colore diverso.
Per caso casco nella moschea Agha Bozorg, usata ormai solo in certe occasioni ma molto scenografica e con un cortile interessante, e proseguo verso le vecchie ricche e storiche abitazioni.
Queste abitazioni erano le case dei mercanti o dei signori che rappresentavano l’elitè cittadino e quindi dovevano essere sontuose, ricche, eleganti e con il meglio che l’architettura e gli interni potessero offrire.
La prima che visito è la Tabātabāei House, molto bella, elegante con la piscina centrale e i diversi palazzi intorno con pareti scolpite nel gesso, i balconi senza protezione, le finestre colorate che con la luce generano all’interno un effetto magico e l’immancabile parete a vetri e specchi che rendono tutto brillante.
Mi fermo anche su una panchina a leggere ed osservarmi intorno, mi immagino di essere un mercante appena arrivato che si gode una sosta dopo un lungo viaggio rimanendo sbalordito dalla sua eleganza.
Questa sarà anche la casa che mi piacerà di più visto che l’altra, l’Abbasi House, anche se più grande ha le pareti meno conservate ed anche i colori delle finestre non rendono come nell’altra.. forse una volta sarà stata la più sontuosa ma ora direi di no.
Dopo vado nel luogo che mi ha colpito di più, L’Hammam del sultano Amir Ahmad; grande, colorato, vivace con le sue piastrelle azzurrine e blu che rilassano la vista con la sua armonia, spazioso, con la luce che entra dal tetto.. bellissimo.. ed anche l’esterno è molto particolare con il tetto pieno di cupole tipiche dei bagni termali.
Ore 20.30
Sono in hotel, ho finito di cenare con uno dei piatti storici e tipici, il Fesenjan, uno stufato di carne con noci e melograno; dovevo provarlo anche se è un po’ pesante e molto saporito.
Dopo aver lasciato la tea house ho visto il bazar che prendeva di nuovo vita e dopo poco tempo era impressionante la differenza con il deserto di poco prima.
Alla fine mi fermo con dei giovani venditori, si parla per una mezz’ora di un po’ di tutto, politica, sesso, sport, se non avevo paura dei terroristi, economica, America, serate, il nostro Papa..
Rimango lì fino a quando non arriva tipo processione ed il ragazzo mi chiede di allontanarmi sennò gli avrebbero chiuso il negozio; così torno presso il bel caravanserraglio all’interno del Bazar (il tetto mi colpisce sempre, con queste mini piramidi che scendono tutte inquadrate e regolari formando un nido d’api) e qui parlo con un altro ragazzo
Quando esco dal bazar è già buio, le strade sono tornate trafficate e con le luci è tutto ancora più caratteristico.. soprattutto la moschea Agha Bozorg che illuminata è spettacolare.
Kashan è stata una bella sosta, abbastanza lontana da Teheran anche perché piccolina e più “villaggio”.
Domani si scende a Isfahan, la perla iraniana.
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