mercoledì 16 dicembre 2015

Tra Alpaca, tango e matè - 3 sett tra Perù,B.Aires e uruguay III

16 ottobre ore 16.00

A distanza di parecchio riesco a trovare il tempo per rilassarmi bevendo una buona birra che conclude queste due giornate molto intense.
Ora sono a San Juan de Chuccho, un minuscolo villaggio in mezzo al Canyon del Colca, dove sono arrivato dopo una discesa che dai 3.300 mt mi ha portato ai 2.200 attuali e che risalirò tra 2 giorni.

Dicevo di queste giornate belle intense, anche perché il viaggio da Paracas ad Arequipa non è stato per nulla agevole.
Prima di lasciare il paesino ho salutato Alberto e Piero (Del) con un abbraccio visto mi hanno fatto sentire un po’ come a casa e poi bus con coincidenza e sosta di circa 2 ore ad Ica.
Per fortuna ho trovato qualcuno con cui passare il tempo, una tedesca nata in Perù che è stata adottata da piccola ed ora, per la prima volta, torna in visita al suo paese d’origine; due ore passate velocemente in cui lei, tra le varie cose, ha detto più di una volta di essere tedesca anche se nata qui… come a voler sottolineare questo fatto.
Questi incontri di poche ore mi fanno apprezzare il viaggiare da soli, che può avere tanti difetti, ma ti da la possibilità di essere più aperti con gli estranei.
Il viaggio notturno è stato abbastanza pesante, eppure 4 anni fa l’avevo fatto easy per più tratte ma questa volta le 12 ore le ho sentite parecchio sia sulla schiena che sulle gambe; per fortuna, ho dormito quasi tutto il tempo
Dai, questa era la trasferta peggiore ed è andata e poi sul bus c’è chi ha sofferto di più.. ho visto un ragazzo correre in bagno dal piano superiore per sboccare appena entrato.
Alla fine arrivo ad Arequipa abbastanza rinco e così dopo il check-in in ostello mi bevo un thè (anche per aiutarmi a digerire la cena) e mi metto a riposare per un paio d’ore.

Sarò attivo a mezzogiorno e questo mi farà cancellare un paio di cose che avrei voluto visitare; è un peccato perché Arequipa mi è piaciuta fin da subito, all’inizio mi ha ricordato parecchio Salta con le sue periferie trasandate e povere dove per terra è pieno di bottiglie di plastica, i bambini e i vecchi sono a bordo strada aspettano i macchinoni dei ricchi da lavare, dove l’attività principale è quella dei carrozzieri onnipresenti con le insegne e cartelloni pubblicitari con ragazze in bikini tipo quelle dei carwash americani.
Ma, a parte questo, il centro è molto caratteristico con i suoi palazzi (tipo la casa ricketts) fatti con una roccia bianca (sillar) tipica di questa zona.. del resto la chiamano la città bianca non per altro.
Poi la piazza centrale.. vivace, colorata, con la sua fontana e tutt’intorno una serie di porticati molto spagnoli; peccato che la cattedrale sia in ricostruzione sennò avrei potuto facilmente dire che era meglio di quella di Lima.
Passando per la via commerciale più famosa arrivo al mercato centrale, tappa per me immancabile quando si parla di Sud America.
Mercato molto meno caotico di Lima ma sempre vivace e colorato tra diversi tipi di patate, zampe di maiale, verdura e frutta; qui mi faccio una spremuta (ormai abitudine quotidiana) di chirimoya che non avevo mai provato ma che trovo buonissima.
Mentre mi prepara la spremuta la signora mi dice che qui ad Arequipa si lavora per mantenere quelli di Lima.. mi sembra di averla già sentita una cosa del genere quando sono a Milano e si parla di Roma..

Girando a caso per la città osservo l’esterno di alcune chiese dalla classica facciata barocca ma, a differenza di quelle del nord del paese, non sono scure ma ovviamente di color bianco e così decido di visitare i due siti religiosi più importanti.
Del convento di Santa Teresa mi colpisce per il tranquillo giardino interno, per le tele che rappresentano la va crucis dipinte ad olio ed per alcuni pupazzi molto belli e colorati che rappresentano Gesù, il Re Magi ed altri personaggi del Vangelo.
Poi, anche se stanco, vado al monastero Santa Catalina che è un po’ una cittadella a parte chiusa dentro alle sue mura; belle le strade dai nomi spagnoli con le pareti colorate che portano agli alloggi, alle cucine , al caratteristico lavatoio comune ed alle diverse piazze molto colorate anche loro.
Alla fine la vita dentro al monastero non era così male e poi da qui c’è una vista sul vulcano innevato che è top.
Vulcano che avevo anche visto dal Mirador de Yanahuara, forse il punto più famoso di Arequipa con i suoi archi che sembrano chiudere e rimpicciolire questa vetta che supera i 5.800 mt.

Rientro in ostello alle 5, mi rilasso, preparo lo zaino per il trekking ed esco a vedere la città mentre scende sera; la cattedrale e la piazza sono ancora più vice che di giorno con famiglie e bambini che danno da mangiare ai piccioni.
Io entro anche nella vicina chiesa dove noto un crocefisso con scala ed una specie di falcetto come a voler proteggere i principali lavori locali.
Alla fine ceno con Cevichè di gamberi e corvina a la plancia per poi andare a dormire già alle 9 di sera visto che l’indomani mi dovrò svegliare alle 3 di mattina; rimane il rammarico di aver saltato la visita alla bambina mummificata e l’aperitivo vista piazza ma almeno ho visto tutto il resto che mi interessava visitare in questa gran bella città.
Nota negativa, in ostello anche questo giro non trovo nessuno con cui far due parole.. vabbè ho già avuto dei bei momenti di confronto, a volte inaspettati come al parco a Lima o alla stazione degli autobus, ma pensavo e speravo un po’ meglio negli ostelli.

Oggi invece è andata alla grande, nonostante la sveglia sia suonata alle 2.45.. Tra l’altro quando salgo sul bus del tour, alle 3.15, in giro per la città è un carnaio assurdo, pieno di disco che sparano musica a livello assurdo che si sente fino alla reception dell’ostello.. peccato dover andare via e non testare la nightlife.
Il viaggio è lunghino, circa 3 ore, ma dormo quasi fino alla parte finale; nei dintorni è tutto montagne color marroncino, cave da cui vengono estratti minerali vari, sassi ed animali selvatici e alpaca.
Entrati nel canyon il panorama cambia… l’arido e il sasso lascia spazio a colori più vivaci, le colline sono tutte terrazzate e coltivate, le piante basse sono di color verde bruciato e quasi giallino e da una cima del canyon (che è veramente profondo) vedo per la prima volta lui.. il condor.
Vola maestoso, imponente, bellissimo.. una cosa spettacolare ed emozionante.. non pensavo mi colpisse così tanto; sarà che l’abbiamo visto veramente vicino, ma l’ho trovato affascinante.
Mentre guardo il condor si avvicinano due ragazze svizzere che erano sul mio stesso bus, si fa due parole e mi raccontano che loro fanno 4 mesi in Sud America, son simpatiche e peccato che loro facciano il giro corto di due giorni.
Da qui parte la parte del trekking che ci porterà in fondo al canyon; la discesa è lunga 9 km per circa 1000 metri di dislivello e non è troppo impegnativa.
Parlo un po’ con la guida e mi spiega che negli ultimi 5 anni il turismo in questa zona è esploso, prima facevano un gruppo a settimana mentre ora ce ne sono anche 2 o 3 nello stesso giorno; tutto questo a loro ha portato benefici ma anche una grande inflazione sui beni di primo consumo.
Visto questo, sono fortunato che per ora i villaggi che stanno intorno al Canyon sono ancora autentici dove la gente ci vive senza cambiare abitudini; li vedi zappare la terra, portare al pascolo l’alpaca con i loro vestiti colorati lontani miglia e miglia dalla modernità, ad eccezione del cellulare che usano per messaggiare come adolescenti alle prime armi con la tecnologia.
In mezzo a loro pranziamo mangiando zuppa con farro e verdure e poi stufato di alpaca con riso.. semplice ma molto saporito.

Il panorama è vario, molto roccioso, un po’ di cactus e di fico d’india.. la roccia è molto colorata e quando si arriva in fondo, vicino alla riva del fiume, è un’esplosione di verde con coltivazioni di patate, carote, piante di avocado.
Alla fine è bellissima la sensazione di quando metto i piedi nell’acqua fredda del fiume, rilassandomi e guardandomi intorno.
Per ora posso dire di essere soddisfatto, il giro merita ed anche questo paesino è particolare; minuscolo con tetti fatti in paglia e sacchi di patate vuoti, il campo da calcio più strano mai visto (sassi, terra, 2 porte e rischio di perdere il pallone nel fiume elevatissimo) dove faccio anche due tiri con un francese utilizzando un pallone sgonfio.
Domani si riparte, sarà una giornata easy visitando la parte bassa del canyon.. ed ora vado a far la doccia semi fredda prima che faccia buio.

Nessun commento: