14 ottobre ore 15.30
Paracas
Ultime ore a Paracas, sto bevendo il mio Pisco Sour prima di tornare in hotel a prepararmi per un nuovo trasferimento verso il sud del paese.
Sono molto contento di questa giornata a Paracas, un piccolo centro che basa tutto sulla pesca sul nuovo indotto del turismo.
Tra che è tutto in ricostruzione dopo il terremoto del 2007 e poi sembra veramente di stare in un paesino di pescatori con il suo lungomare dove si affacciano le colorate barche rientrate dalla giornata di pesca; anche se si vede l’impulso del turismo con hotel in costruzione, il progetto di un aeroporto per il 2016, ristoranti improvvisati sotto tetti di paglia.. mi ricorda un po’ Playa del Carmen quando sono andato nel 2008, prima dell’arrivo del turismo di massa.
Come sembra lontana Lima.. qui è tutto calmo, relax e sole; anche se rimango sempre più convinto che non si può capire il Perù senza passare per la sua capitale.
Arrivando qui ho subito avuto la sensazione di essere in un altro mondo, la stazione degli autobus è in costruzione e per ora ci sono solo delle mura con pareti e tetto in bamboo e poi la città ha veramente due strade di numero.
All’ostello l’odore del cemento fresco è ancora forte e vengo accolto da Alberto, un arzillo signore proprietario della struttura; oltre alle solite cose mi tira fuori la maglia di Del Piero… è juventino sfegatato tanto da chiamare il figlio Piero in onore del suo capitano (non gli rovino l’immagine dicendogli che il nome è Alessandro e che Piero è una parte del cognome), io da tifoso granata non apprezzo la maglia ma l’accoglienza si.
Esco a fare due passi, la luna illumina le barche dei pescatori ma in giro non c’è molta gente così scelgo un ristorante molto casereccio dove prendo calamari fritti con patatine
Peccato che dopo cena la serata si può già dire chiusa; in ostello un paio di coppie, qualcuno attaccato al pc.. non sento un gran feeling ed alla fine vado a dormire prestissimo cosa che mi farà poi svegliare alla mattina alle 6.
Colgo l’occasione per guardare la “città” che si sveglia ed i pescatori che rientrano al porto mentre faccio colazione vista oceano tra il profumo di mare, pesce e di salsedine.
La giornata è piena, alla mattina escursione in barca ed il pomeriggio giro per la riserva naturale lì vicino.
Belle entrambe.. la prima, in barca sfrecciando verso la penisola per vedere il famoso candelabro, un simbolo dai vari significati (a me il dubbio che sia stato messo lì per i turisti un po’ rimane..), e per scoprire la fauna della riserva.. tra leoni marini, pinguini, granchi rossi, tanti volatili e gruppi di uccelli che volano radenti all’oceano.
I cormorani, pellicani, la sula con la tua testa bianca, l’avvoltoio dalla testa rossa sostano sulle rocce che spuntano al largo e dominano l’ambiente; del resto la chiamano la Galapagos dei poveri.
Sulla barca, Insieme a me, c’è un gruppo di studenti e la curiosità e la vivacità dei bambini è sempre contagiosa.
La riserva naturale invece è il top per le spiagge dove l’oceano ha lavorato da Dio disegnando panorami super; ne giriamo tre (la Catedral, Yamaque e Lagunillas) prima di fermarsi a mangiare pescado alla griglia in un ristorante vista spiaggia e pellicani sulle rocce.
In se la riserva offre anche fossili ma penso che tutti vengano per le sue spiagge dalle forme particolari e dai colori forti ed accesi.
Anche qui molti turisti peruviani che si riconoscono facilmente perché sono gli unici che bevono Inka-Cola, una bevanda dal color giallo fosforescente che devo ancora provare ma che so già che non mi piacerà in quanto troppo dolce.
Ed ora si va, Paracas mi è piaciuta un botto.. forse troppo vento (unico suo difetto) ma è l’ultima meta sulla costa e da domani si sale; lentamente sto entrando nel mood del viaggio, abbandonando lo stile del visitatore e lasciandomi trascinare totalmente vivendo le emozioni al 100%.
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